Coltivazione cannabis light

Terre di Cannabis il film

L'anno scorso abbiamo ospitato per diverso tempo il team di un casa di produzione di Bologna: Fufilm. Hanno seguito il ciclo della lavorazione con un obiettivo: realizzare un film documentario sulle nostre coltivazioni.

È stata un'esperienza unica, per certi versi “strana” perché è un mondo che non conosciamo ma sicuramente un'avventura positiva. Tempo fa ci hanno mandato il trailer del film e anche la locandina, è stata una bella emozione rivedersi.

Il film sarà proiettato in anteprima alla 22° edizione di CinemAmbiente, uno dei festival a tematica ambientale più importanti in Italia. Nell'attesa abbiamo deciso di fare due chiacchiere con Gianluca Marcon, il regista del documentario.

 

-Allora Gianluca puoi spiegare ai nostri lettori perché hai deciso di fare un film sulla coltivazione di canapa? E perché proprio la nostra?

“Conosco personalmente il vostro Maestro Canapicoltore, come lo chiamate voi ma soprattutto sono amico di Jacopo da anni, giocavamo nella stessa squadra di calcio a Bologna. O meglio era lui che giocava con me. Poi con gli anni ci siamo un po' persi di vista, anche se ogni tanto mi arrivavano voci da amici in comune. Poi alla fine del 2017 ci siamo incontrati per caso, mi ha raccontato un po' delle sue avventure e io sono rimasto affascinato all'istante e gli ho proposto di fare un film sulla sua storia. Sulla sua esperienza con la Cannabis. Avrei voluto raccontare i viaggi di Jacopo per il mondo alla scoperta, ma anche alla ricerca di nuovi progetti. Jacopo ha accettato e mi ha detto però di venire in Abruzzo a vedere quello che stavate facendo. Sono venuto a conoscere questa realtà ed è stato “amore a prima vista”. Nel senso che ho trovato tutti gli elementi per raccontare una storia”.

 

-Quali sono questi elementi della storia che hai voluto raccontare?

“Due sostanzialmente: il territorio e la coltivazione della canapa. E quanto, queste due cose interagiscono tra di loro. Un territorio meraviglioso, ricco e per certi versi incontaminato ma con delle problematiche strutturali profonde, soprattutto la mancanza di occasioni. E la coltivazione della canapa, come nuova linfa vitale, che arriva nella vallata, come occasione per risollevare la zona. Dietro al progetto di Jacopo ci sono genetisti, studiosi, scienziati, tutte collaborazioni che avrei voluto raccontare. Anche le storie dei pazienti. Sono tutti spunti interessanti quando si parla di canapa. Fino a quando non ho scoperto questo territorio ma anche e soprattutto le persone che hanno lavorato: un team eccezionale. Ho pensato che valesse la pena soffermarsi sulle persone e sul territorio che vivono. Una prospettiva nel rapporto tra l'uomo e il territorio.

 

-Perché raccontare una storia di questo tipo?

“Come detto la storia di Jacopo è affascinante perché ogni giorno affronta una sfida diversa. In questo percorso mi ha messo a disposizione tutte le mail, le richieste e le semplici curiosità che centinaia di pazienti chiedono ogni giorno. Ci sarebbe da fare un film solo su quello, è interessante quello che sta accadendo in questo momento storico. Poi, venendo in Abruzzo mi ha colpito soprattutto la forza di volontà delle persone, dei protagonisti. Chi per un motivo, chi per un altro sono tutti li con lo stesso sogno. È proprio la grande eterogeneità dietro quelle persone che ha fatto nascere in me l'esigenza di raccontare la coltivazione della canapa a partire dalle persone. E dal territorio.

 

-Cosa ti ha colpito maggiormente?

“La serietà e la professionalità delle persone. Raccontandolo per immagini ho cercato di caratterizzare un po' alcuni dei connotati dei personaggi mettendo in risalto alcuni particolari. È impossibile raccontare tutti gli aspetti. Ma ho visto un'organizzazione davvero efficace. Quello che c'è dietro le quinte è fondamentale per la vostra azienda, dal punto di vista scientifico e organizzativo. Anche se forse sono situazioni poco “narrative” perché si prestano poco all'immagine. Io sono appassionato di cinema del reale e volevo davvero cercare di “catturare” i momenti personali e intimi delle persone. A partire dal lavoro, che tanta speranza ha portato in questa vallata. Forse li ho un po' sfiniti i ragazzi, a forza di avermi intorno alle scatole, ma di sicuro è uscito uno spaccato abbastanza fedele alla realtà. Una realtà che sa di riscossa grazie a una pianta per troppo tempo bistrattata.

 

-Cosa ti aspetti da questa avventura? Come potremo vedere il film?

“Faremo l'anteprima italiana a Torino, a CinemAmbiente, poi probabilmente faremo un percorso “festivaliero”. Dopo vedremo un po', stiamo già ragionando sulla distribuzione.

 

-Che idea ti sei fatto sulla canapa?

“Fondamentalmente questa esperienza ha confermato le mie idee precedenti. La canapa è come il maiale non si butta via niente. Si può costruire, ci si può curare, si può mangiare. Durante una fase di ricerca iniziale ho scoperto però alcune cose che non sapevo, tra tutte e proprio in questo momento storico “plastic full”: le reti per la pesca erano fatte di canapa una volta. Quando si rovinavano e non era più possibile ripararle finivano in fondo al mare come mangime per i pesci. Biodegradabile al 100%. Ecco, credo bisognerebbe andare in questa direzione. Se una cosa fa/va bene va usata/sviluppata. Così come per la questione terapeutica, tra l'altro molto più importante.

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