In questo articolo vi parleremo dello stato dell'arte sulla legalizzazione o regolamentazione della cannabis in Italia. A che punto siamo? Cosa dice la legge? Cosa ci è permesso fare? Tutto quello che bisogna sapere sulla legalizzazione della cannabis, nello specifico vi racconteremo di:
- La situazione in Italia
- La coltivazione domestica in Italia
- Legalizzare o regolamentare?
- E in Europa cosa succede?
- Legalizzare per sconfiggere la crisi da Covid-19
Una disciplina univoca sulla cannabis non è ancora stata creata, né dal punto di vista della coltivazione né dell'utilizzo; ogni stato si è dotato negli anni delle sue normative, che espongono la cannabis a trattamenti diversi anche a distanza di pochi chilometri, senza pensare a una disciplina universale, che possa restituire dignità alla pianta una volta per tutte.
L'America e il Canada si sono esposti con legalizzazioni piene della cannabis, sia per scopi terapeutici che per uso ricreativo. L'Europa invece è stata più cauta, ma anche dalle nostro parti sono successe molte cose buone per la cannabis.
La situazione in Italia
Per i fumatori italiani di cannabis il 2016 è stato un anno di grandi cambiamenti, non sensazionali, ma che almeno sembravano essere un buon inizio.
Con la legge 242/2016 l'Italia ha scelto di legalizzare la cannabis light. Si tratta di cannabis sativa privata del THC fino al limite dello 0,2%, e ricca di CBD, principio attivo “buono”, responsabile degli effetti positivi della marijuana sull'umore e sull'organismo. La cannabis light venduta in Italia è prodotta sul territorio nazionale e le varietà che possono essere coltivate sono inserite nel Catalogo ufficiale della Comunità europea, un database formato da 67 genetiche legali di cannabis light.
La situazione sembrava rosea e i rivenditori di cannabis light si sono moltiplicati. Il 30 maggio 2019 però la Corte di Cassazione si è pronunciata definitivamente sulla soglia di tolleranza della quantità di THC presente nella sostanza venduta in maniera legale, cambiando le carte in tavola per coltivatori e negozianti. Fino alla pronuncia della Cassazione le infiorescenze dovevano contenete percentuali di THC inferiori o uguali allo 0,2; esisteva un margine di tolleranza fino allo 0,6%, ma era accordato solo ai coltivatori, che non possono controllare in maniera così precisa la quantità di principio attivo sviluppata dalla pianta nella fase di crescita.
Con la pronuncia della Corte di Cassazione è stata vietata la vendita di alcuni prodotti, perché non sono esplicitamente menzionati nella norma che permette la coltivazione della canapa in Italia. La pronuncia però non rappresenta la fine della marijuana light: i prodotti legalizzati con la l. 242/2016 non potranno più essere venduti, salvo che si dimostri che sono del tutto “privi di efficacia drogante”.
La coltivazione domestica in Italia
A dicembre 2019 la Corte di Cassazione si è di nuovo pronunciata sul tema della marijuana, stabilendo che non possono essere punite «le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore». Secondo i giudici della suprema corte, per integrare il reato di coltivazione è sufficiente che la pianta appartenga al tipo botanico “Cannabis” e che sia in grado di produrre principi attivi stupefacenti, ma ha ritenuto che la coltivazione domestica non sia adatta a ledere alla salute pubblica.
Le motivazioni della sentenza hanno confermato ciò che era stato espresso nel dispositivo, insistendo sulla rudimentalità della coltivazione e sulla sua incapacità di produrre danno alla comunità.
Legalizzare o regolamentare?
"La fine del proibizionismo della cannabis è una battaglia sociale e va fatta in modo laico e razionale". Lo scrive Alessandro Di Battista su Facebook parlando della legalizzazione delle droghe leggere. "Regolamentare questo mercato genererebbe 10 miliardi per le casse dello Stato, un aumento del Pil tra l'1,2 e il 2,34% e la creazione di 350mila posti di lavoro". "Possiamo permetterci di non aprire questo dibattito?", chiede retoricamente.
E ha ragione, perché anche solo regolamentare l'utilizzo della cannabis potrebbe portare un netto miglioramento nella gestione della microcriminalità, riducendo in maniera significativa il numero di persone che si rivolgono al mercato nero.
E in Europa cosa succede?
Il panorama europeo in tema di cannabis è davvero vario: ci sono paesi che hanno del tutto legalizzato la marijuana, paesi che ne tollerano l'utilizzo in determinati luoghi e quantità e paesi che negano qualsiasi passo in avanti, sia per l'erba ricca di THC che per quella cosiddetta light.
Al solo sentire la parola marijuana legale, la maggior parte dei cittadini europei pensa subito all'Olanda. Nel paese dei tulipani è concessa la produzione e la vendita di cannabis, con restrizioni che riguardano le modalità e il luogo dell'assunzione: la cannabis può essere venduta e consumata solo all'interno dei coffeeshop, mentre è vietato fumarla in luoghi pubblici.
In Olanda non si è avuta una vera e propria legalizzazione, ma il sistema si fonda su un vuoto legislativo che negli anni è stato plasmato sulle necessità di questo mercato, che genera circa 400 milioni di euro l'anno. E non si tratta di un paese allo sbando: per quanto riguarda i più giovani, ad esempio, un rapporto del luglio 2013 della Open Society Foundations – Global Drug Policy Program, ha dimostrato che il consumo nei Paesi Bassi è stato in costante calo tra il 1996 e il 2012, e che nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni la media olandese dei consumi è rimasta in linea con quella europea.
In Belgio il consumo a scopo personale è illegale, ma è tollerato il possesso fino a 3 grammi di cannabis, mentre in Repubblica Ceca è possibile detenere fino a 15 grammi di marijuana e 5 grammi di hashish a scopo ricreativo, grazie alla depenalizzazione del consumo. È anche possibile acquistare e consumare marijuana terapeutica dietro prescrizione. Anche la Germania ha legalizzato la vendita e il consumo di cannabis a scopo terapeutico, e permette anche la coltivazione privata, su cui vigila lo Stato.
La Spagna invece ha fatto le cose in grande, depenalizzando di fatto la cannabis. Il limite per il possesso è fissato a 40 grammi, mentre il consumo è consentito solo all'interno di una abitazione o di un social club. I Social Club sono nati nel 2005 grazie al lavoro degli avvocati Juan Muñoz e Susana Soto, incaricati dalla giunta dell’Andalusia di fare un po' chiarezza sul tema della Cannabis. Volevano scoprire se, senza infrangere la legge, un medico avesse potuto prescrivere cannabis terapeutica e un privato cittadino avesse potuto coltivarla e consumarla in privato, anche per scopi ricreativi.
I due avvocati hanno semplicemente analizzato la legge, la Costituzione e le precedenti sentenze del Tribunale Supremo Spagnolo. Secondo la costituzione spagnola, ciascuno in casa propria può fare quello che gli pare, come estrema forma di tutela della libertà del cittadino. Anche consumare marijuana e persino coltivarla per uso personale. La costituzione, inoltre, difende il diritto di creare associazioni su iniziativa popolare, purché non vadano contro la legge. Quindi, se posso coltivare marijuana e posso associarmi con altre persone, potrò anche associarmi con altre persone per coltivare marijuana. Rimangono vietate la vendita, il commercio, il trasporto e il consumo della canapa in tutti i luoghi pubblici.
In Francia l’uso personale a scopo ricreativo della marijuana è vietato dalla legge, mentre è legale il consumo della cannabis light. Infine in Inghilterra è legale comprare e consumare cannabis per uso terapeutico, ma l’offerta è ancora piuttosto limitata, mentre è illegale l’uso a scopo ricreativo.
Legalizzare per sconfiggere la crisi da Covid
La crisi economica causata dal lockdown per il covid19 è appena cominciata, ma già si cercano strade alternative per portare più introiti nelle tasche dei cittadini e dello stato. Michele Usuelli, medico, cooperante e consigliere regionale per +Europa, si è unito alla disobbedienza civile per la legalizzazione facendo propria la sfida di “Io Coltivo”, lanciata il 20 aprile scorso da Meglio Legale, Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni, Dolcevita e molte altre realtà. Usuelli è membro della Commissione Antimafia e ha dichiarato che è stato proprio il suo ruolo a spingerlo al gesto, perché il mercato illegale degli stupefacenti in Italia vale 30 miliardi di euro all’anno, e circa la metà è composto dagli stupefacenti. Per il consigliere di +Europa, legalizzare la coltivazione domestica significherebbe chiudere uno dei grandi “rubinetti di liquidità” della criminalità organizzata.
Soprattutto ora che l’epidemia ha aperto alla mafia nuovi canali di investimento e strategie per acquisire consenso sociale, è necessario che le istituzioni italiane decidano di gestire e regolamentare i “mercati neri” che annualmente valgono un sommerso di 214 miliardi (Istat, nda).
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