Coltivazione cannabis light

Bonificare terreni inquinati con la canapa

Gli usi alternativi della canapa continuano a stupirci giorno dopo giorno: il cbd estratto dalle sue fibre ha effetto miorilassante, ansiolitico e anticonvulsivante e può essere usato per combattere l'acne e molti altri problemi delle pelli sensibili; la sua fibra è una preziosa e resistente materia prima; i semi e i prodotti alimentari a base di farina di canapa contengono omega- 3, vitamine e moltissime altre sostanze fondamentali per l'organismo.

Ma non è finita qui. Gli scienziati continuano a testare le infinite potenzialità di questa pianta e, recentemente, è stato individuato un altro importantissimo uso della canapa. A quanto risulta da studi scientifici, la canapa ha il potere depurare i terreni su cui viene piantata. La fitodepurazione, cioè l'assorbimento o degradazione del contaminante mediante l'azione delle piante, è una tecnica di bonifica adatta in caso di contaminazione da metalli pesanti e diossina.

Ci sono moltissime piante in grado di fitodepurare il terreno, ma la Cannabis sembra essere – ancora una volta – la scelta migliore. La canapa, come ampiamente documentato nella letteratura scientifica, è capace di assorbire i metalli pesanti in modo efficace e – a differenza delle piante iper accumulatrici, che hanno uno sviluppo vegetativo molto modesto –  può essere utilizzata in diversi ambiti compatibili, principalmente per alcuni usi industriali e per la produzione di energia.


Cosa rende la canapa la pianta perfetta per la fotodepurazione?

La canapa è un bioaccumulatore,  è cioè una pianta  in grado di immagazzinare al suo interno metalli pesanti presenti nel terreno senza compromettere il suo accrescimento.

Uno degli aspetti biologici caratterizzanti della canapa è la presenza di un apparato radicale molto sviluppato e profondo, associato a un’ampia capacità di assorbimento. Sono proprio le radici della pianta di canapa a renderla ottimale per bonificare i terreni inquinati, proprio perché assorbe molte più sostanze rispetto ad altre specie vegetali. Da differenti studi internazionali si evince come la pianta sia in grado di accumulare nichel, piombo, cadmio nelle foglie e non nella fibra.

La Canapa mostra un elevato potenziale nell’accumulo di rame, che viene trasferito efficientemente dalle radici al germoglio, mentre non viene assorbito dalla fibra, che risulta così commercializzabile.

Uno studio condotto nelle Hawaii (Kolosov C. A. Evaluating the public interest: regulation of industrial hemp under the controlled substances act. UCLA Law Review) ha rivelato che la canapa è in grado di abbassare la concentrazione di inquinanti organici, soprattutto idrocarburi presenti in molti siti industriali.

La canapa industriale è perciò un candidato ideale se si vuole combinare una coltura da profitto con la bonifica di terreni contaminati da metalli pesanti perché essa accumula elevate concentrazioni di tali metalli soprattutto nelle foglie mentre mostra livelli relativamente bassi degli stessi nella fibra; la fibra derivata da piante utilizzate per la fitodepurazione può essere utilizzata per la produzione di materiali compositi oppure, l’intera pianta, consente il suo utilizzo per la produzione di energia in centrali termiche.


Riassumendo, la canapa è perfetta per bonificare i terreni perchè:

  • cresce in una ampia gamma di condizioni climatiche;
  • tollera alte concentrazioni di metalli pesanti;
  • ha radici profonde, di circa un metro, e viene seminata con densità elevate, per cui può bonificare in una stagione un volume considerevole di terreno;
  • in alcuni casi i contaminanti rimangono principalmente nella radice, per cui l'olio si può utilizzare per produrre biodiesel mentre le fibre per produrre carta;
  • si è dimostrata efficace per assorbire i radioisotopi di cesio (Cs 137), il quale rimane inglobato nelle radici e non intacca la qualità delle fibre o dell'olio;
  • il benzo[α]pyrene (cancerogeno e mutagenico per gli animali in genere) ed il crisene (irritante a contatto con la pelle, cancerogeno in caso di esposizione prolungata), risultano invece essere degli stimolatori della crescita per la canapa, la quale sembra sia capace di metabolizzarli in qualche modo;
  • la coltivazione della canapa è fra quelle a minore emissione di gas a effetto serra per unità di biomassa prodotta.

Come faccio a coltivare canapa industriale?

Fino agli anni Settanta l'Italia era il secondo produttore al mondo di canapa industriale, dopo l'Unione Sovietica, ed era il primo fornitore della marina inglese. Fino a quel momento la cannabis in Italia era tollerata, anche perchè non esisteva alcuna legge che la vietasse. Era fumata addirittura in sostituzione del tabacco, che all'epoca era più costoso dell'erba, ma quando – negli anni Sessanta e Sessanta – divenne il simbolo dei giovani ribelli, il governò sentì il bisogno di un giro di vite. Fu così che venne inserita nella lista delle sostanze psicotrope e venne eliminata in ogni suo utilizzo.

Nel 2016 è cambiato qualcosa. La coltivazione della canapa è tornata legale grazie alla legge 242/2016, sulla sua coltivazione e filiera. Per comprendere meglio il tema è decisivo il passaggio iniziale all’articolo 1 della legge, che parla della canapa come di una “coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione”. La legge 242/2016 permette la coltivazione e la vendita di prodotti a base di canapa, di infiorescenze con livelli di THC inferiori allo 0,2%, e delle piante per produrre fibra industriale.

Grazie alla legge 242/2016 non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. La comunicazione alle forze dell'ordine non è più necessaria. Gli unici obblighi per il coltivatore sono quello di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.

I semi devono essere varietà certificate che abbiano al massimo lo 0,2% di THC. Attualmente come varietà italiane sarebbero disponibili la Carmagnola, la Fibranova e l’Eletta Campana, ma è anche possibile importare semi dalla Francia, dalla Germania o dall’est Europa. La percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche.

Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso “è esclusa la responsabilità dell’agricoltore“.


Un'esperienza diretta

Purtroppo l'Italia è piena di terreni inquinati in attesa di bonifica. Spesso le pratiche sono lunghe ed complesse e, a volte, chi vive di agricoltura e allevamento rischia di perdere tutto. È quello che è accaduto nel 2008 a Vincenzo Fornaro, allevatore tarantino, costretto ad abbattere le sue duemila pecore a causa della contaminazione da diossina. Vincenzo aveva la sua attività in una zona non lontana del polo industriale dell'ILVA e, quasi sicuramente, è stata proprio la diossina sprigionata dallo stabilimento siderurgico a contaminare la sua terra.

L’intera attività, portata avanti dalla sua famiglia da oltre un secolo, era andata in fumo in un attimo. Ma Vincenzo non si è arreso e ha deciso di tentare un’altra via: ha piantato canapa in tre ettari del suo terreno, sfruttando il processo di fitodegradazione.

La stessa strada è stata intrapresa da altri allevatori della provincia di Brindisi, le cui terre sorgono nei pressi del parco naturale Punta della Contessa, a ridosso della centrale Enel di Cerano e del polo petrolchimico, una zona ad altissimo tasso di inquinamento ambientale.

Qui, Tommaso Picella, 70 anni, e il nipote 34enne Andrea Sylos Calò, hanno deciso di convertire la propria attività in piantagione di canapa destinata alla creazione di fibre tessili o all’edilizia. Una scelta fatta per evitare la morte di una terra la cui contaminazione ha reso inservibile a scopo alimentare.

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